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The Founder – John Lee Hancock

Il biopic The Founder porta alla luce l’origine, ma soprattutto l’evoluzione esponenziale, della catena di ristoranti americana più diffusa al mondo, la Mc Donald’s Corporation.

Il film racconta di come dal primo fast food realizzato dai fratelli Mc Donald, la cui nascita è narrata in maniera sintetica ma esaustiva in dieci minuti, abbia avuto origine un franchising, attraverso le affiliazioni, operate dal fondatore dell’impero Ray Kroc, in grado di conquistare il mercato – americano prima e mondiale poi – della ristorazione grazie al rivoluzionario sistema “espresso” basato sul principio della catena di montaggio.

Michael Keaton nei panni di Kroc, dai tratti mimici e gestuali prima innocenti e poi sempre più diabolici, mette in scena il cambiamento di un uomo che, da ex venditore porta a porta di frullatori, in breve tempo e a 52 anni, ispirandosi ai dischi che invitano al “pensiero positivo” e spinto dalla determinazione, dalla voglia di farcela – almeno “questa volta”- , dalla perseveranza (qualità “più importante del talento, del genio e dell’istruzione”), monta la scala del successo raggiungendo traguardi inaspettati e cede con avidità al cinismo, violando patti e contratti, trasformandosi in un ambizioso businessman dall’ego imponente e travolgente, subdolo affabulatore e predicatore del sogno americano.

Il film, ambientato nella metà degli anni Cinquanta, accenna il ritratto di un Paese nel pieno del consumismo e del benessere in ascesa. I concetti di famiglia e di comunità, sotto gli emblemi delle croci e delle bandiere, a cui Kroc aggiunge gli archi dorati di Mc Donald’s (elemento cruciale su cui il film si sofferma molto) costituiscono il fondamento della società e sui quali Kroc fa leva nel proporre le affiliazioni in giro per i vari Stati. Ciononostante resta un film figlio dei nostri tempi dominati dal profitto, già definito il primo dell’era trumpiana (casualità o no, è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi il 20 gennaio 2017, giorno dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca).

Nello spettatore si susseguono sentimenti contrastanti nei confronti dei personaggi principali, che finiscono per invertirsi: la tenerezza e la compassione suscitate da Kroc all’inizio si riversano poi sui fratelli Mc Donald, colpevoli solo della propria buona fede e della scrupolosa attenzione rivolta alla qualità (mostrando i mali di un capitalismo selvaggio e incontrollato).

Al grido “Mc Donald’s è famiglia”, Kroc rasenta la blasfemia parlando del fast food come di una “nuova chiesa che nutre il corpo, nutre l’anima e non è aperta solo la domenica” e si vanta di essersi impossessato concretamente e simbolicamente del nome e dell’identità Mc Donald, depredando letteralmente i fratelli dei frutti del loro lavoro. Escludendo le considerazioni moralistiche a riguardo, va riconosciuta a Kroc una brillante dote, vale a dire la capacità di sfruttare a proprio vantaggio il talento altrui, fiutando quella che si è rivelata l’opportunità di un’intera vita e una rivoluzione per il resto del mondo.

                                                                                                                                 Loredana Iannizzi

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