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Jackie – Pablo Larrain

Se ci si aspetta di andare a vedere la biografia di Jackeline Lee Bouvier Kennedy verremmo delusi, ma dobbiamo pensare che a volte osservare ed essere parte di un preciso e piccolo momento del racconto sia sicuramente per lo spettatore più fuorviante, particolare ma sicuramente più forte ed intenso e l’autore cileno ci è riuscito in maniera significativa. Seppur egli si confronti con una produzione americana e in lingua inglese, dopo No – I giorni dell’arcobaleno, Il Club, Neruda, Larraín continua a perseguire un modo di fare cinema che si sottrae a regole e convenzioni per condurre una propria, personale ricerca sulle potenzialità della messa in scena e sul ruolo dell’arte come veicolo di riflessione sulla realtà, la società e la politica. Inoltre, è la prima volta che si immerge negli occhi di una donna e in particolare – attraverso la creazione e la sensibilità di Natalie Portman – nella First Lady più importante d’America, che ha reso il marito e presidente leggenda e che a sua volta è diventata lei stessa mito. Le prime sequenze mostrano il momento in cui il giornalista di Life bussa alla porta di Jackie (come la chiamavano gli americani), dopo cinque giorni dalla tragedia avvenuta quel ventidue novembre 1963 a John Fitzgerald Kennedy. Da qui parte il suo racconto, il suo punto di vista, la sua verità, il suo modo di vederla e reinterpretarla attraverso una regia che utilizza i flash back che ci mostrano i fatti reali (il Tour alla Casa Bianca realizzato nel 1961 per il documentario della CBS, l’omicidio di JFK avvenuto in macchina dove lei era seduta lì accanto, il veloce e drastico insediamento del nuovo presidente Johnson fino al lungo accompagnamento a piedi del funerale) e la sua essenza, il suo stato d’animo, ciò che lei ha dovuto provare in quei precisi istanti. E per svelarci il più possibile queste atmosfere e sensazioni, l’icona femminile nel suo abito e corpo, che all’epoca era giovanissima (solo trentaquattro anni), viene quasi sempre e completamente racchiusa nelle enormi e stanze della Casa Bianca dove davvero il regista ha potuto spingersi un po’ più in là, ad immaginare che cosa abbia potuto vivere la donna reale e privata nella sua casa.

Forse tutti conoscono la First Lady Kennedy come personaggio pubblico, ma nessuno sa che cosa si sia nascosto dietro quel volto così ben truccato e dalla pettinatura perfetta, duro, sicuro di sé e non per niente affranto dal dolore della morte del marito. Questo piccolo grande film ci mostra l’intimità misteriosa di Jackie: un’essere umano che ha visto succedere eventi straordinari e dunque che non ha potuto fare altro che essere costantemente preda di atteggiamenti inclassificabili con una fragilità intrinseca che Natalie Portaman riesce ad immortalare con una presenza e movenza granitica. Anche il più triste evento privato, diventerà epico, grandioso, sontuoso a prova che la sua Storia fino alla fine sarà come quella di Camelot.

di Alexine Dayné

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