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Neruda – Pablo Larraín

Pablo Larraín romanza in Neruda le vicissitudini del poeta alla fine degli anni ’40: senatore comunista e convinto oppositore del governo fascista di Gonzalo Videla, si vedrà costretto all’esilio per sfuggire al mandato d’arresto emesso dal governo. A dargli la caccia, tra Cile e Argentina, è il capo della polizia investigativa (interpretato da Gael Garcia Bernal): attraversando i generi, dal giallo al thriller, passando per il biopic e persino il western, il film seguirà i tumultuosi spostamenti del poeta e l’inseguimento del poliziotto, anche voce narrante del film.

Larraín si interroga su uno dei temi più dibattuti del novecento, ovvero il rapporto tra arte e impegno politico. Emerge infatti, dal film, un ritratto di Neruda ampio e sfaccettato, affettuoso e ambiguo al tempo stesso. Amante dei piaceri della vita, delle donne, militante, voce del popolo senza essere popolo, astuto “giocatore” e grande poeta: proprio nell’ambiguità del personaggio – che riflette indirettamente l’ambiguità di un intero secolo – si fa strada tutta l’umanità di un personaggio che, persino nelle ore per lui più pericolose, non si nega il piacere di giocare con il proprio inseguitore, in una caccia al topo che si fa vero e proprio racconto. È qui che il rapporto tra arte e politica trasla in direzione del più ristretto nesso tra cinema e storia: Larrain gioca infatti con la ricostruzione storica, negando con veemenza l’impianto del film a tesi, attraverso una regia onnivora e volutamente presente (steady-cam, inaspettati jump cut), quasi a voler dire che il contenuto di un film passa prima di tutto per la sua forma e che la verità transita inevitabilmente verso la finzione. La decostruzione dei generi cinematografici non diviene però mai citazionismo postmodernista, quanto esaltazione della potenza creativa del cinema, del suo irriducibile atto di creazione.

Il rapporto tra verità e finzione, strettamente legato al tema del doppio chiama in causa, a diversi livelli, Pirandello e Orson Welles: il poliziotto inseguitore ha bisogno del poeta fuggitivo e entrambi richiedono un autore che li faccia agire. Chi è il protagonista e chi il personaggio secondario? Di qui, lo stretto rapporto tra arte e menzogna o, per lo meno, l’indefinito allargamento del concetto di verità (artistica).

Neruda è un film gioiosamente non risolto, furioso e vitale, di un autore che sembra voler raccontare, con tono provocatorio, il rovescio della storia cilena e al contempo un cinema libero da schemi precostituiti. Quando smette i panni del caustico divertissement e si trasforma in uno splendido western innevato (come non pensare ai Compari di Altman?), il film diviene una meta-poesia per immagini, omaggio obliquo ma sentito a uno più importanti poeti del novecento.

di Giulio Piatti

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