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Personal Shopper – Olivier Assayas

Maureen (Kristen Stewart) per vivere si occupa della vita di altri: è assistente personale della star Kyra, seleziona cioè i capi d’abbigliamento che la donna indosserà, le collane di Cartier che porterà al collo, le scarpe con le quali calpesterà i red carpet della settimana della moda a Milano, Parigi, Londra. In jeans, maglietta e maglioni larghi, Maureen si aggira in scooter per le vie di Parigi, trasportando costosi oggetti che non le appartengono e che le è perfino proibito provare, in attesa di qualcos’altro. Maureen è una medium, come lo era il fratello gemello morto da novantacinque giorni per una disfunzione cardiaca congenita, e si trova, lei americana, in Francia, in attesa che Lewis, nella sua casa parigina, mantenga la promessa fatta in vita: dare un segno alla sorella (un bicchiere rotto, un tavolo spostato), una volta nell’aldilà.

Ma l’orchestrazione della vicenda, basata esclusivamente intorno al duplice singolare ruolo di personal shopper e medium della ragazza è, in fondo, un pretesto, per affrontare una cruciale questione, annosa ma più che mai contemporanea: la ricerca dell’identità. Compare qualche spettro che vomita ectoplasma qua e là ma l’elemento paranormale è perfettamente incastrato nella piatta realtà e meramente funzionale al percorso identitario, tumultuoso e incerto, di Maureen. Quali ruoli sentiamo nostri e quali invece siamo chiamati a impersonare all’esterno? “Com’è possibile che tu non abbia di meglio da fare che vestire Kyra?”, le chiede Ingo, l’amante della star. “Com’è possibile che tu stia ancora a Parigi ad aspettare che tuo fratello comunichi con te?”, le chiede Gary, il fidanzato lontano. “Com’è possibile che tu non possa e abbia paura di provare gli abiti di Kyra?”, le chiede lo/la sconosciuto/a che chatta con lei. Maureen è tempestata da punti interrogativi angoscianti e insistenti sul suo essere, anche dal punto di vista visivo: l’intera conversazione con Unkown ci viene mostrata sullo schermo dell’Iphone nel suo dispiegarsi, carica di pungenti domande alle quali lo/la sconosciuto/a pretende con insistenza una risposta. Maureen risponderà solo a tratti, continuerà ad attendere, si ribellerà timidamente e continuerà a non sapere.

Premio a Olivier Assayas per la Miglior Regia al Festival di Cannes 2016, il film ricorda la Nouvelle Vague francese ed è dunque interessante per due motivi: è moderno, alternando mondi paranormali, reali e simulati ci immerge esattamente nella bolla sociale nella quale l’individuo oggi deve nuotare, tra ruoli pubblici, privati, fisici e virtuali; ed, è, anche un atto d’amore della macchina da presa nei confronti dell’attrice Kristen Stewart, qui elevata ad icona, spigolosa, struccata, tormentata, splendida.

di Carolina Zimara

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