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una donna fantastica

Una donna fantastica – Sebastián Lelio

Nel momento in cui muore improvvisamente il compagno cinquantasettenne, Marina, una ragazza transgender, si rende conto che la sua vita non sarà più la stessa: la famiglia del defunto, capitanata dalla rancorosa ex moglie, ma anche, più in generale, un ambiente ostile perché ancorato a schemi conservatori, ostacolerà la vita della ragazza, che verrà sospettata, inquisita, perquisita, allontanata, privata dalla propria casa, persino picchiata. Animata da una grande sete di vita, strenuamente decisa a voler trovare il proprio posto nel mondo, Marina farà allora valere la propria voce.

Candidato al premio Oscar come miglior film straniero e co-prodotto, tra gli altri, da Pablo Larrain, Una donna fantastica del regista cileno Sebastián Lelio racconta una storia semplice e lineare, quasi didascalica, con una certa consapevolezza registica e un’attenzione verso gli ambienti al cui interno si muove la protagonista. Ci troviamo in una Santiago ipertecnologica, animata da una classe borghese tanto raffinata quanto tradizionalista: il dualismo tra lo skyline modernissimo della città e un sistema di valori non all’altezza dei tempi pervade l’intera struttura del film, sin dentro il suo contenuto (fresco e tradizionale al tempo stesso). Si tratta di un racconto incentrato sulla richiesta di un riconoscimento, capace di indagare la linea che definisce (e per ciò stesso delimita) lo statuto di essere umano dal suo altro: uomini e donne della buona società cilena paiono tutti uniti nel voler escludere Marina dal consorzio umano, declinandola, con voyeurismo e crudeltà, come ibrido bizzarro e perverso.

Concentrandosi sulla battaglia di Marina contro il mondo, il film sfiora a volte il manicheismo, allontanandosene tuttavia grazie a un’interessante riflessione – anche formale – sul rapporto tra realtà e finzione, tra un presente asfittico e un futuro su cui fantasticare: i grandangoli, le carrellate, il montaggio spezzato e, soprattutto, un sapiente utilizzo della componente musicale contribuiscono a aprire il film su una dimensione ulteriore, tanto interna alla protagonista quanto onirica e quindi lato sensu politica. Marina, infatti, è anche una cantante ed è proprio attraverso la musica che il film ci trasmette un senso di libertà possibile, anche con tonalità ironiche (come nel caso dell’utilizzo di (You make me feel) like a natural woman di Aretha Franklin).

La grandezza di Una donna meravigliosa sta tutta nel discreto rifiuto di indugiare sullo status fisico della sua protagonista: Sebastian Lelio ci introduce così con naturalezza nel mondo di Marina, la cui forza civile diviene naturale espressione della propria fame di vita.

di Giulio Piatti

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