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Vulcano – Ixcanul – Jayro Bustamante

VULCANO-Ixcanul-poster-manifesto-33783“Qui l’aria sa di caffè e di vulcano”: è Maria, diciassettenne protagonista del primo lungometraggio realizzato dal guatemalteco Bustamante, a pronunciare questa frase che racchiude nella sua semplicità l’essenza del film. Aria, fuoco, acqua e terra sono, infatti, elementi di cui il regista si serve per offrire uno spaccato di vita dell’etnia Kaqchikel, erede dei Maya, residente negli isolati altipiani del Guatemala. Bustamante catapulta lo spettatore in un mondo lontano, non solo tramite scenari da contemplare, ma anche attraverso rumori, versi di animali, canti rituali, voci (la lingua nella versione originale è l’idioma locale). Il caffè, poi, emblema del lavoro: è sulla sua raccolta che si basano le giornate degli autoctoni, un lavoro che connette, in un forte e antico legame, un popolo alla sua terra. E poi c’è il vulcano, ixcanul. I culti religiosi animisti locali lo considerano un dio da imbonire; ad esso la popolazione offre sacrifici e rivolge preghiere. Maestoso domina il paesaggio e segna un confine tra un qui, ancora per molti versi arretrato, e un altrove sconosciuto ma agognato da alcuni locali – Maria compresa – che ormai si sentono distanti da una cultura che non vuole modernizzarsi e che mal sopportano un paese “bloccato” dalle tradizioni. Il vulcano ha “la forza dentro”, nelle sue viscere – quelle di Madre Terra – c’è la vita, proprio come nel grembo di Maria. Il tema della fertilità predomina, ad esempio nei rituali domestici o ai piedi del vulcano, durante il pranzo in famiglia dei promessi sposi Maria e Ignacio, culminando con la gravidanza di Maria, subito non cercata, poi ostacolata (i tentativi di aborto mostrano una fertilità negata e osteggiata) e infine difesa.

ixcanul2Vari dualismi si riscontrano nel film: l’importanza della tradizione si contrappone al fascino timoroso nei confronti della modernità, l’attaccamento fiducioso alla medicina tradizionale si scontra col bisogno di cure più “scientifiche”, la consapevole necessità di sacrificare la propria vita per il bene comune è in lotta contro il desiderio di essere artefice del proprio destino. E poi vi è l’ambiguo ruolo delle donne in una società dove ancora qualcuno ritiene che “debbano stare a casa”, talvolta vittime inermi, talora forti e “magici” agenti sociali.ACE02072015Ixcanul (1)

Il film è impreziosito dalla fotografia: primi piani intimi ma discreti, campi totali che rendono giustizia alla bellezza dei paesaggi, lunghe scene fisse, quasi documentaristiche, descrittive e rispettose dei soggetti ripresi, illuminate dalla luce di candele o ancora di più da quella naturale.

Ixcanul, vincitore dell’Orso d’argento a Berlino, pellicola dall’anima antropologica, offre una via preferenziale ad un mondo in bilico tra passato e futuro e si fa portavoce di un dramma sociale reale diffuso in Guatemala (svelato soltanto nel finale). È un film verità che si apre e si chiude con un emblematico primo piano di Maria silenziosa, quasi assente, gli imperturbabili occhi bassi persi in lontananza; un’immagine fortemente comunicativa e carica di emozione.

                                                                                                                   di Loredana  Iannizzi

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