La camera di Orfeo – ed. 2023
Il progetto
“framedivision” e “Replicante teatro”, con questo progetto, presentano e propongono il frutto di una collaborazione iniziata nel 2021. Un progetto che presentano nei locali dell’Hôtel des Etats, in Piazza E. Chanoux ad Aosta, attraverso una serie di appuntamenti. Due installAZIONI teatrali sprofondate nella visual art e dedicate principalmente al pubblico delle scuole valdostane.
Un progetto sostenuto dall’Assessorato alla Cultura della città di Aosta e dal bando “OttoperMille” della Chiesa Valdese. E’ un progetto sperimentale che vede cinema e teatro sciolti insieme e che ha consentito alle due compagnie di raggiungere una sintesi espressiva che ha aperto a nuovi orizzonti artistici.
Come è giusto e naturale che sia, non esiste un anno che possa definirsi svincolato da quello che lo ha preceduto e da quello che lo seguirà. Il 2022, infatti, ha visto realizzati progetti concepiti durante la stasi inflitta dalla pandemia. Li ha visti nascere e debuttare consentendo a noi teatranti di ritrovare il pubblico con il quale era stato necessario, nonché obbligatorio, sospendere relazioni decennali.
Nel mese di dicembre 2022 abbiamo presentato, attraverso una serie di anteprime aperte a pochi spettatori alla volta, il “prosopon”: il luogo che contiene il luogo in cui far rinascere il teatro e i suoi nuovi sguardi.
Abbiamo ideato e costruito una sorta di “maschera” (da indossare con tutto il corpo e da cui “vedere attraverso”) e poi l’abbiamo inserita nell’Espace Heptagon di Gressan; e al suo interno abbiamo ideato e allestito la nuova produzione, “Le tele di Penelope”: naturale approdo, e sintesi di un viaggio iniziato nel 2021, con lo studio per “GHISMUNDA|canto per – azione teatrale attraverso una ferita”, progetto che ha aperto alla collaborazione tra “framedivision” e “Replicante teatro”.
Questa collaborazione tra le due compagnie e tra le due direzioni artistiche, che ha trovato la sua forma nella co-produzione, ha aperto a nuovi scenari, e soprattutto a nuove modalità di collaborazione consentendo di affrontare e sviluppare nuovi progetti che intendono aprire ad altro ancora…
Dal mese di settembre 2022, infatti, abbiamo iniziato a immaginare la circuitazione delle produzioni che abbiamo allestito appositamente nel corso del 2022 per il “prosopon” e quelle che abbiamo previsto di allestire nel corso del 2023.
Incontriamo la città di Aosta attraverso una sintesi di quelle che sono le poetiche e gli stili che caratterizzano “Replicante teatro” e “framedivision”.
Abbiamo pensato ai locali dell’Hôtel des Etats, in piazza E. Chanoux, ad Aosta, perché sono incastonati nel cuore della nostra città, ed è lì, in una sorta di rendez-vous dedicato principalmente al pubblico degli studenti, che desideriamo creare l’occasione per inaugurare una nuova stagione, una stagione tesa al “riavvicinamento sociale”, una stagione che sceglie di ricominciare dalla piazza (dall’“agora”) per immaginare il modo che sarà a partire da quello che fu.
Due azioni teatrali, dunque, e pubbliche riflessioni con gli studenti di Aosta nel cuore della città.
Prosopon
La camera di Orfeo
maschera, dal greco: “prósopon”:
“pros” (=addosso”, “vicino”, “presso”) dalla radice indeuropea “per” (“prima”, “davanti”, “attraverso”, ecc.)
“opon” (= “occhio” e, per estensione, “volto”), dalla radice indeuropea “*okW-” (“vedere”).
Quindi, la maschera, “prósopon” significherebbe in origine “davanti al viso” oppure, immaginando una formazione molto arcaica, “vedere attraverso”.
Abbiamo costruito una maschera da indossare con tutto il corpo (l’abbiamo presentata in anteprima a Gressan, nell’Espace Heptagon che ci ha ospitati in questa importante residenza artistica), e l’abbiamo immaginata come una sorta di cubo sulle cui pareti abbiamo aperto dei varchi, degli squarci, delle ferite o feritoie, o più semplicemente dei fori attraverso cui poter guardare dentro.
Il pubblico è stato così invitato a sprofondare il proprio sguardo attraverso la superficie per guardare oltre, guardare avanti e VEDERE il corpo dell’attore all’interno di uno spazio artefatto in cui accade l’antico rito che consente di “vedere insieme” il vero per finta, giungendo alla contemplazione dell’autentico. È uno spazio, il “prósopon”, che consente di guardare nel grembo del pensiero quando questo si fa azione: “azione teatrale” per pochi spettatori alla volta.
Con questo progetto abbiamo creato uno spazio capace di inserirsi a sua volta in uno spazio e, allo stesso tempo, creare uno spazio al proprio interno. Diventare, cioè, contenuto e contenitore; significato e significante. Una sorta di matriosca (un dentro/fuori che guarda e vede all’interno e all’esterno insieme, passando dal macro al micro in un flusso costante di andate e di ritorni) con, e nella quale il Teatro possa generare drammaturgie alimentate da una stessa esigenza: guardare attraverso per giungere a “vedere” l’intimo delle cose: l’autentico.
Con questa proposta, abbiamo chiesto al Comune di Aosta di accogliere questo “luogo” (questa sorta di camera dei sogni) negli spazi dell’ Hôtel des Etats e permettere che si faccia a sua volta luogo in quel luogo che sta esattamente al centro della città, nella sua piazza principale, così da poter dare vita, al suo interno, a due azioni teatrali per pochi spettatori alla volta ispirate a due figure della mitologia classica: Penelope e Odisseo.
Spettacoli
LE TELE DI PENELOPE
Sono otto quadri (otto “tele”) introdotti e conclusi da un prologo e da un epilogo – una sorta di canto per una Penelope impigliata nel limbo di un’attesa irrisolvibile. Si tratta di un monologo che scaturisce dalla condizione dell’attesa in senso più assoluto.
Sulla spiaggia di una possibile Itaca, Penelope sceglie di non morire cristallizzandosi nell’immobilità di quell’irrisolvibile condizione, e crea la propria odissea.
Otto quadri, otto tele, otto donne diverse, scaturite da una stessa matrice, vengono ricamate e tessute con la luce su un tulle che si fa telaio e schermo insieme. Si fa barriera ma anche superficie su cui inventare una storia. Su cui tesserla; e darle vita. Si fa luogo in cui il sogno diventa reale. E il reale si addormenta per lasciare posto al sogno.
Una Penelope sdoppiata, dunque:
– una, in carne e ossa, osserva l’orizzonte del mare che ha inghiottito il suo Ulisse, e sceglie di addormentarsi;
– l’altra, come un ologramma (una sorta di doppio eterico), si solleva da quella spiaggia, da quel torpore del tutto simile alla morte, e osa frequentare il cielo di sopra, e vive.
Un monologo che consente all’attrice di farsi Penelope capace di interagire con l’immagine di sé, di reinventarla, di farla immagine concreta che sfida, e risolve, la sorte che le era stata destinata.
Prologo: NELLE CONCHIGLIE C’E’ IL RUMORE DEL MARE
tela 1: PENSIERI DI UN’ABBANDONATA
tela 2: PENELOPE ALLA LUNA
tela 3: PENELOPE E UN’ALTALENA
tela 4: PENELOPE VENTRE DI LUNA
tela 5: I FIORI DI PENELOPE
tela 6: LA COSTELLAZIONE DI PENELOPE
tela 7: L’ABISSO DI PENELOPE
tela 8: TUTTO ERA MAGICO TRANNE IL MAGO
epilogo: IL POZZO DOVE FRANANO STELLE
con Alexine Dayné
drammaturgia e regia – Andrea Damarco
riprese e montaggio – Michel Domaine
testi a cura di Andrea Damarco e Alexine Dayné
luci – Andrea Damarco
comunicazione a cura di Tullio Macioce
Musiche: T. Albinoni – R. Djawadi – P. Glass – G.F. Hendel – K. MacLeod – G. Sollima – H. Zimmer
Bibliografia: A. Achmatova – A. Blandiana – J. Joyce – M. Masahide – R. M. Rilke – W. Shakespeare – J. Keats
MEMORIE DI UN ULISSE
come lacrime nella pioggia
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.»
Questo breve monologo del “replicante” Roy Batty, interpretato da Rutger Hauer, che chiude magistralmente “Blade Runner” il film che, nel 1982, ha rivoluzionato la fantascienza al cinema, non solo ha ispirato il nome della compagnia Replicante teatro ma diventa l’incipit della nuova coproduzione 2023 (seconda azione teatrale da vedere attraverso una ferita) dedicata al progetto “prosopon”.
C’è, in questo breve monologo, il senso più profondo del pensiero di Ugo Foscolo quando intuisce, e afferma, che l’unica forma di immortalità che abbiamo e che, dunque, esite per certa è quella di essere ricordati da coloro che ci sopravvivono. Portandoci dentro attraverso i loro ricordi, nei ricordi delle cose che abbiamo detto e fatto nel corso della nostra vita, in un certo senso, coloro che ci sopravvivono fanno sì che noi non moriamo del tutto proprio perché continuiamo a vivere grazie alla loro memoria.
A partire da questa verità, desideriamo riprendere la figura di Ulisse e chiudere il dittico che si è affacciato e che abbiamo varato nel corso del 2022 attraverso l’allestimento di “Le tele di Penelope”, il primo quadro dedicato al viaggio.
– Da una parte, l’odissea di chi non può accingersi materialmente a viverla (Penelope) e la sogna così forte da trasformarla in una possibile altra vita che esiste anche solo per il fatto che è stata sognata (“Le tele di Penelope”).
– Dall’altra, un’odissea vissuta (quella di Ulisse), ma che rischia di andare perduta (“Memorie di un ulisse”) se non verrà ricordata dai viventi che le sopravviveranno.
C’è un piccolo manifesto sul senso dell’arte in genere, e del Teatro nello specifico, in questa proposta: tutto ciò che penso e che faccio (io, autore/attore) necessita di qualcuno che lo accolga (il pubblico) e lo porti avanti attraverso le sue proprie idee e il suo proprio corpo. In questo scambio nasce il senso più profondo di quello che si chiama relazione, e che è il motore che muove e alimenta, fin dalla notte dei tempi, il teatro e tutto ciò che rappresenta, compreso il vero motivo della sua essenza e del perché è nato.
L’idea…
Una pioggia incessante cade sull’attore che, immerso in quell’acqua irrisolvibile da cui è venuto al mondo (e che lo ha rubato per 10 anni), in un’emorragia di ricordi condivide con il pubblico, attraverso un monologo, live e virtuale insieme, le nove tappe che dalla rocca di Ilio lo hanno condotto fino al palazzo di Alcinoo (il traghettatore che gli consentirà di tornare a Itaca – secondo alcune interpretazioni la casa del padre e, dunque, dell’anima) passando attraverso la nascita dell’uomo contemporaneo (violento erede degli Achei) che ha spazzato via definitivamente la cultura di Troia (quella delle sacerdotesse), quando Troia era ancora, e semplicemente, una città.
con Andrea Damarco
drammaturgia – Andrea Damarco e Alexine Dayné
regia, testi e luci a cura di Andrea Damarco
montaggio – Michel Domaine
drammaturgia immagini – Alexine Dayné
installazione scenica – Andrea Damarco e Paolo Lamberti
comunicazione a cura di Tullio Macioce
Musiche: Le Trio Joubran e Clint Mansell