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Alcarràs – L’ultimo raccolto

Iris, Pere e Pau giocano appassionati alla guerra usando una vecchia macchina abbandonata in un campo, mentre, lì vicino, una grossa gru meccanica sta spianando il terreno per poter installare decine di pannelli solari. Ecco l’incipit di Alcarràs, opera seconda della catalana Carla Simón, vincitrice dell’Orso d’oro all’ultimo Festival di Berlino e già salita alla ribalta con il precedente e soleggiato Estate 1993. Anche qui siamo in estate e anche qui la location è un grosso terreno – nei pressi del paese catalano di Alcarràs -, che la famiglia Solé, da generazioni, coltiva grazie al permesso non scritto dei proprietari, i Pinyol, come segno di riconoscenza per aver salvato un loro parente durante la guerra civile spagnola. Quando, però, l’ultimo rampollo decide di riconvertire i propri possedimenti per sfruttare l’energia solare, i Solé si dividono tra chi non vuole cambiare e chi valuta i possibili guadagni. Girato quasi totalmente con abitanti della zona – dalla quale proviene anche la regista -, Alcarràs è una riflessione priva di retorica e sentimentalismi sulla modernità, in cui, coraggiosamente, Simón sceglie di dare uguale spazio ad ogni membro della famiglia Solé. Da Rogelio, anziano capofamiglia vissuto di accordi verbali e fiducia, a Quilmet, il figlio passionale e legato alle proprie radici che non si vuole arrendere al cambiamento, passando per la piccola Iris, l’irrequieto Roger e l’adolescente Mariona, ognuno trova il giusto spazio all’interno di questo racconto di impostazione documentaristica, il cui centro è la casa e il rapporto di ognuno con essa.

Se da un lato viene quasi automatico legare Alcarràs alla cinematografia naturale e naturalistica di Alba Rohrwacher in cui al posto della Catalogna abbiamo una Toscana rurale che resiste, è più verso un certo “cinema di guerra” che sembra guardare Carla Simón. Sono i bambini del film – come anche in Estate 1993 -, e soprattutto Iris, a donarci uno sguardo ampio e fresco su questa ultima estate prima dell’arrivo delle ruspe distruttrici: un’innocenza curiosa che affianca al gioco della guerra il sentore di qualcosa che sta cambiando radicalmente e che non può non richiamare alla mente titoli come Giochi proibiti di René Clément o il meraviglioso Lo spirito dell’alveare di Victor Erice. Alcarràs è la storia di una battaglia silenziosa e già persa, di un’attesa, di una comunità unita, di una famiglia divisa e di tutto quello che l’estate porta via con sé e che rimane per sempre impresso nella memoria.

Marco Mastino

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