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Il ponte delle spie – Steven Spielberg

bridge-of-spies-il-ponte-delle-spie-news-gate-steven-spielbergGli instancabili appassionati del cinema di Steven Spielberg non rimarranno delusi dalla visione del suo ultimo lavoro, così come non potranno dirsi scontenti nemmeno gli spettatori più scettici. Il regista si dimostra ancora una volta all’altezza delle aspettative del suo pubblico: con Il ponte delle spie, candidato agli Oscar 2016 come miglior film, egli mette in pratica tutte le regole del cinema, apprese nel corso della sua lunga carriera, nonché la sua incredibile maestria nel renderle uniche ed originali.

Il film compie un salto nel passato, quello della Guerra Fredda, che è però uno stimolo per gettare luce sul presente delle vicende contemporanee. Attraverso lo sguardo del cinema, Spielberg può così unire la poetica della settima arte con la morale di cui essa è portatrice, nella descrizione di un’umanità che dall’intreccio e dalle vicende specifiche di alcuni personaggi trasmette un messaggio universale. È proprio in questa specificità autoriale che si ritrovano i tratti tipici del cinema di Spielberg, il quale gioca con i simboli per descrivere la realtà del mondo circostante. Vi è, nel corso del film, la continua contrapposizione tra l’immagine del ponte, che tutto unisce e collega, e l’immagine del muro, che invece tutto limita e riduce: il regista, qui come altrove, descrive la relazione tra l’io e l’altro. Allo stesso modo, dal punto di vista degli apporti umani, anche i numerosi personaggi divengono rappresentanti di diverse tendenze e ideologie. Se, da un lato, il protagonista, l’avvocato James B. Donovan, interpretato da un meraviglioso Tom Hanks, ironico e profondo al tempo stesso, diviene difensore del dialogo e della mediazione culturale, di quel punto d’incontro rappresentato appunto dal ponte, dall’altro vi è l’universo della politica, degli interessi e del guadagno.

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All’interno di questa difficile rete di relazioni internazionali, l’avvocato americano e la spia sovietica, antagonisti per antonomasia di un sistema più grande di loro, trovano il loro personale codice linguistico e valoriale. Un linguaggio, quello fatto dalla sensibilità più pura, priva di connotazioni etiche e razziali, capace di dimostrare al mondo e a loro stessi l’affermarsi della bellezza che nasce quando cadono le bandiere e si incontrano le culture. Il montaggio parallelo si dimostra così una tecnica volta a sottolineare la continua contrapposizione tra personaggi, luoghi e ideali, sulla quale l’opera trova il proprio fondamento. il-ponte-delle-spieIl personaggio interpretato da Mark Rylance, che è valso al suo interprete l’Oscar al miglior attore non protagonista, è perfetto nel suo ruolo di apparente cattivo, che da nemico dell’America diventa nel corso dell’opera semplicemente uomo. Uomo con il proprio passato, i propri affetti e la certezza che deriva dalla consapevolezza di una vita condotta secondo coscienza. In altre parole, diviene lo specchio del suo alter ego americano, fondendo così in unico essere il Bene ed il Male.

Il film, nel suo alternarsi tra il segno stilistico del suo autore e i richiami rivolti al cinema classico, esprime la realizzazione compiuta di una carriera condotta sulle orme dei grandi, pronta a conquistare lo spettatore che, accese le luci, sentirà già nascere in sé quella malinconia che le opere ben riuscite suscitano nell’animo di chi vorrebbe fossero destinate a durare per sempre.

di Valeria De Bacco

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