Prima dell’uscita di La La Land, la mia idea su questo musical era talmente tanto grande e sognante come si è rivelata che ho cercato di “immaginarlo”: l’incontro tra i due protagonisti, il loro amore, il desiderio di realizzare la loro arte provandoci ad ogni costo e compiendo molti sacrifici senza mai smettere di crederci. Ascoltanto alcune tra le canzoni che compongono la meravigliosa colonna sonora di Justin Hurwitz, si riesce anche a fantasticare sulle possibili coreografie di ballo e canto ma solo il cinema ci immerge in questo incanto magico dove il giovane regista Damien Chazelle, che ci aveva già folgorato con Whiplash, sa miscelare la libertà e l’evasione alla realtà. La La Land è il film che tutti gli amanti del cinema e non solo si aspettavano, “diverso” dagli ultimi musical in quanto si rifà continuamente al genere della Hollywood classica per eccellenza ma con uno stile fresco e contemporaneo facendo risultare la magia ancora più autentica. Il titolo stesso ci riporta non solo all’area geografica di Hollywood/Los Angeles, – in cui il cinema è germogliato ed infine esploso – città in cui ci si trasferisce per tentare di vedere realizzato il proprio talento artistico ma anche a quello stato mentale costantemente proteso verso ambizioni ma non privo di ostacoli che ti costringono a fermarti.
Proprio come nella sosta forzata sulla lunga autostrada – durante l’incipit del film – che si trasforma poi nel meraviglioso vortice danzante e sgargiante, reso grazie a un complesso piano sequenza della durata di sei minuti (sebbene sia composto da tre riprese abilmente montate) un Another Day of Sun esprime quell’entusiamo e gioia tipica dei folli sognatori. Una sequenza che lascia sbalorditi per la sua bellezza rivoluzionaria ma al contempo cita il Cinemascope con le meraviglie acrobatiche di Sette spose per sette fratelli e in particolare per quest’apertura, Josephine di Jacques Demy. Ad aspettare in questo traffico di macchine ci sono i protagonisti della nostra storia: Mia, ragazza che lavora come barista vicino agli studios hollywoodiani che ambisce a diventare attrice seppur i provini non vadano nel verso giusto, – per cui Emma Stone ha vinto meritatamente l’Oscar – e Sebastian, musicista jazz che si guadagna da vivere suonando nei piano bar in cui nessuno si interessa a ciò che propone. Dopo i primi dispetti tra i due in cui viene negata qualsiasi forma di romanticheria, manifestata nella piroetta intorno al lampione che ricorda Cantando sotto la pioggia o nel tip tap alla Fred Astaire e Ginger Rogers, aspettiamo l’inizio della storia d’amore e il tanto atteso primo bacio. Un rapporto che alimenterà sempre di più i loro sogni e che raggiunge il suo apice con la canzone simbolo City of Stars dove al canto sommesso di Gosling si aggiunge dopo poco la Stone – splendidi nella loro imperfezione di un canto live autentico ed emozionato, ancora una volta sublimato da un’unica splendida ripresa senza stacchi, che fa presagire all’impossibilità di continuare ad illudersi per sempre. Ma quando tutto sembra perduto, quella capacità di credere e di sognare torna e sarà più forte di prima…
Alexine Dayné