Premiato all’ultima edizione del Festival di Cannes nella prestigiosa sezione Un certain renard, il sesto film del giovanissimo e prolifico regista ungherese Mundruczó, racconta la storia di un branco di cani “bastardi” che si ribellano all’intolleranza dell’uomo, seminando il panico in una Budapest spettrale e isolata. Il loro capobranco è Hagen, un meticcio, che a seguito dell’abbandono da parte del padre della sua padroncina Lili, si trova a dover affrontare soprusi e maltrattamenti, arrivando a combattere in un’arena clandestina contro altri cani.
Evitando fin da subito il rischio di girare un classico film per ragazzi con protagonisti gli animali, Mundruczó trasforma la vicenda di Hagen in un’allegoria del razzismo e della crisi di valori nell’Europa di oggi. L’ordine che vige nella Budapest del film è infatti sorretto sul nulla e ad un’apparenza elegante e borghese fanno da contraltare isole devastate, ma libere, in cui scorrazzano i cani meticci abbandonati dai padroni per evitare di pagare la tassa imposta dal governo a favore dell’acquisto di cani di razza.
Uomini e animali appaiono lontanissimi, come a rappresentare da un lato rigore e serietà, dall’altra disordine e istintività, e sembrano vivere due dimensioni parallele: non ci sono contatti tra loro, solo rapporti insani e violenti atti all’annientamento di una delle due parti. In mezzo a questo mondo di contrasti si inserisce la figura di Lili, una ragazzina che fa di tutto per recuperare l’amato Hagen e che vive la sua voglia di libertà senza mezzi termini.
Il rapporto difficile col padre la fa continuamente scappare verso una realtà, quella di alcool e droghe, che non le appartiene e la presenza del suo cane sembra essere il suo solo interesse. A tratti pifferaia di Hamelin con la sua tromba sempre nello zaino, Lili è l’unico essere umano in grado di instaurare un contatto vero con il branco scatenato di cani e di mostrare la verità ad una persona disillusa e senza più aspettative come il padre. L’unico linguaggio – sembra voler mostrare Mundruczó – risulta la musica, lingua universale per eccellenza e solo strumento nelle mani dell’uomo per comunicare senza ipocrisie o costrizioni.
Marco Mastino