In due capitoli e un epilogo Olivier Assayas, grazie ad un’idea suggeritagli dalla sua musa Juliette Binoche, scrive e costruisce, in Clouds of Sils Maria, un’ambigua riflessione sulla natura umana in relazione con il tempo e con il succedersi delle stagioni della vita. Tutto il film è pervaso dai nuovi media che circondano le due protagoniste: già dall’inizio, l’attrice Maria Enders e l’assistente Valentine sono impegnate con i rispettivi iPhone nel corridoio del treno per definire organizzazione e appuntamenti di lavoro.
Il film riprende Eva contro Eva, in cui il tema primario è la dicotomia fra la realtà e la creazione artistica, filtrata attraverso la rielaborazione del mestiere dell’attore. In questo caso il ruolo dell’attrice – con occhiali e vestiti scuri – è di una splendida Juliette Binoche, la quale non esita a lasciar scorrere sul proprio volto di cinquantenne ogni singola sfumatura degli stati d’animo del suo personaggio (proprio come la Norma Desmond di Viale del tramonto): Maria Enders, un’affermata diva cinematografica è in procinto di rendere omaggio al defunto Wilhelm Melchior, il drammaturgo che vent’anni prima aveva dato inizio alla sua carriera affidandole la parte della giovane Sigrid. Turbata dalla sua morte, la donna dovrà decidere se partecipare al remake della pièce teatrale che le aveva dato la fama, interpretando però ora il ruolo di Helena, donna matura che dipende dall’abile Sigrid e arriva a suicidarsi. Il ruolo di Sigrid viene affidato alla giovane Jo-Ann Ellis, nota più per gli scandali della sua vita che per il suo talento. Maria dovrà confrontarsi con lo spettro del passato, la gioventù perduta, la maturità fisica non ancora accettata e l’inquietante ricordo della morte del personaggio di Helena. A Sils Maria, nelle alpi, l’attrice con i capelli corti e senza trucco, prova il suo nuovo ruolo con l’assistente rivivendo questa relazione come quella del dramma Maloja Snake.
ll “serpente” di nuvole bianche che si materializza fra le cime delle alpi svizzere, insinuandosi con silenziosa lentezza fra le montagne di fronte allo sguardo estasiato di Maria, dà vita all’essenza stessa del film: l’attimo che scorre. Proprio di fronte a questo momento, le paure della donna si dissolvono e la sua assistente Valentine viene inghiottita nel nulla, senza alcuna spiegazione. A pochi giorni dall’inizio delle prove, la Sigrid di Maria non c’è più ed Helena è il presente, una donna che vive la sua vera età.
La pellicola si configura come un formidabile gioco di specchi in cui si insinua un nuovo elemento-ostacolo, evidente nella presenza di tre figure femminili. Le ellissi, i non detti, gli avvenimenti tragici che avvengono fuori scena sono spunti che lo spettatore deve raccogliere: lo scandalo che travolge Jo-Ann e l’amante, l’attrazione saffica di Maria nei confronti di Valentine e l’epilogo dove Maria sente riaffiorare insicurezze. Un film sul cinema, sul tema delle immedesimazioni, dei doppi, delle crisi di identità, con dialoghi limpidi e lineari eppure complessi che cercano di contenere l’esplosione del dramma.
Alexine Dayné