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Flee

Flee si apre con una confessione: quella che viene donata al pubblico è la (vera) storia di Amin che, prossimo al matrimonio con il suo compagno Kasper, decide di raccontare per la prima volta la verità sul suo passato. Davanti alla cinepresa dell’amico Jonas, il protagonista trova finalmente la forza per aprire il proprio cuore, dopo anni di silenzio: l’infanzia a Kabul, la carcerazione del padre, la fuga a Mosca con la famiglia dopo l’ascesa al potere del Mujaheddin basterebbero a far sentire sulle spalle di un ragazzino tutto il peso del mondo. Eppure, tutto ciò è solo l’inizio della storia. L’adolescenza di Amin in Russia è una lotta continua per la sopravvivenza, tra il tentativo di fuggire in Svezia e il pericolo dell’arresto, la sua gioventù è segnata dal bisogno di nascondere la propria identità, una menzogna che lo seguirà fino a Copenaghen, dove infine arriva dopo aver attraversato anche le barriere dell’illegalità. La libertà ha il prezzo della solitudine e il sapore amaro delle bugie. Fuggire – Flee significa proprio questo – come atto fondante di una vita: si fugge da un oppressore violento, da un poliziotto corrotto, da un passato troppo cruento e scomodo per un’esistenza sola. Sulla fuga, o meglio sulla volontà di porvi finalmente rimedio, si fonda l’opera stessa.

Flee ha in sé il realismo del documentario, l’emotività del film d’animazione e la drammaticità delle migliori tragedie teatrali greche. La forma permette alla sostanza di essere narrata: la crudeltà delle tematiche diventa sostenibile grazie alla delicatezza dell’animazione, intervallata da frammenti di vecchi documentari e telegiornali, o da immagini reali. Con intelligenza e sensibilità, in pochi minuti, il regista è stato capace di trasmettere la sofferenza di chi è costretto a lasciare la propria casa e gli affetti più intimi, ma anche la scoperta dell’amore e dell’omosessualità, vista attraverso gli occhi del suo protagonista. A fare da contrappunto alla tragedia è la musica pop degli anni Ottanta: nelle cuffie del walkman di Amin sentiamo a tutto volume Take On Me degli A-Ha, Wheel of Fortune di Ace of Base e Joyride dei Roxette, capaci di restituire energia e un po’ di speranza al giovane protagonista e con lui allo spettatore.

Primo film nella storia del cinema a essere contemporaneamente candidato a tre premi Oscar nelle categorie Miglior film d’animazione, Miglior documentario e Miglior film internazionale, per quanto non premiato, Flee ha davvero il merito di commuovere lo spettatore senza mai scadere nel melenso o nel semplicistico. Come affermato dallo stesso regista, il film non si è posto l’obiettivo di mostrare le complicate vicende dei profughi afghani, ma il racconto personale di un uomo, un amico. Eppure, colpisce dritto al cuore per la sua bravura nel fare entrambe le cose.

Valeria De Bacco

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