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Illusioni Perdute

Un cast di rilievo, formato da giovani promesse e vecchi capisaldi del cinema francese, sostiene in maniera vivace e accattivante una produzione da diciannove milioni di euro, per un film in costume che non annoia grazie a dialoghi serrati, inquadrature intime che si soffermano su dettagli minuziosi e riprese vorticose su campi lunghi. In entrambi i casi, l’accompagnamento drammaturgico della musica di compositori come Vivaldi, Mozart, Bach, Schubert e Rameau, nonché la voce off del narratore onnisciente che riconduce il film alla sua matrice letteraria originaria, affianca l’elemento visivo.

lllusioni perdute mette in scena le vicende di uno dei protagonisti della Comédie Humaine, monumentale raccolta di opere dello scrittore francese Honoré de Balzac, narrate nell’omonimo romanzo: si tratta del giovane poeta Lucien Chardon de Rubempré che, spinto dall’amore per la protettrice degli artisti Madame de Bargeton e per la poesia, lascia la provincia alla volta della Parigi di metà XIX secolo, con la speranza di realizzare il sogno di scrivere, ma finendo per scontrarsi con una realtà feroce e corrotta, che poco spazio lascia al candore e ai sogni di gioventù. Un romanzo di formazione, scritto quasi duecento anni fa eppure attuale ancora oggi, soprattutto per quanto concerne la tematica del giornalismo. Giannoli, e già prima di lui Balzac, mette accuratamente in evidenza il potere insito nella stampa e la corruzione che può insinuarsi nell’ambito di quelli che oggi chiamiamo mass media. È la strumentalizzazione dell’arte finalizzata al profitto, in cui il successo o il fallimento di uno spettacolo teatrale possono essere acquistati dal miglior offerente. E pertanto, ci si chiede, che fine facciano la vera bellezza (Beauty Forever, si legge non a caso sul drappo alle spalle di M.me de Bargeton, in una delle scene iniziali), il valore reale e intrinseco di un’opera. I giochi di potere si insinuano nel mondo dell’arte, le cui opere esistono a condizione che se ne parli o che ci sia qualcuno disposto a investire su (o contro) di loro.

Tante le contrapposizioni: il giornalismo (corrotto) versus la letteratura (sacra), Parigi (città dai mille volti) versus Angoulême (campagna provinciale e monocromatica), verità e critica onesta versus pettegolezzi e fake news (le cui antenate sono le canards, che starnazzando si aggirano per la redazione giornalistica), la piccola classe popolare versus la nobiltà e l’aristocrazia, sempre più divise da una ancora insuperabile immobilità sociale. E poi ci sono gli svariati rapporti sentimentali, da quelli amorosi a quelli di amicizia.

Presentato alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, Illusioni perdute apre uno squarcio su quello che è stato il preludio al mondo che conosciamo oggi, dove gli applausi e i fischi della claque nei teatri tanto ricordano i like e l’hate speech manifestati sui social media.

Lucien, costretto ad adattarsi per sopravvivere, diverrà da osservatore a protagonista di quella commedia umana che si rivela essere il cinico mondo parigino, con le sue regole e i suoi ruoli da rispettare: dentro o fuori, non ci sono alternative possibili, la perdita delle illusioni è lenta ma inesorabile, e cessare di sperare è l’unico modo per ricominciare a vivere.

Loredana Iannizzi

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