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La mafia non è più quella di una volta – Franco Maresco

A cinque anni di distanza dall’uscita in sala di Belluscone. Una storia siciliana (David di Donatello per il miglior documentario, Premio Speciale della Giuria Orizzonti), Franco Maresco si confronta nuovamente con l’universo siciliano dei cantanti neomelodici e della criminalità organizzata. Per farlo, torna alla Laguna veneziana con il suo ultimo documentario, presentato in concorso e vincitore del Premio Speciale della Giuria, La mafia non è più quella di una volta, che si inserisce sulla scia del precedente lavoro amplificandone la portata. Lasciato Berlusconi, l’occhio del regista indugia ancora una volta sulla figura ambigua di Ciccio Mira, impresario culturale dai gusti e dalle conoscenze assai poco raccomandabili. A quest’ultimo, affianca l’importante figura di Letizia Battaglia, che attraverso la sua macchina fotografica è stata testimone lucida e appassionata di cinquant’anni di storia italiana: prende così forma un dialogo dal forte bipolarismo, che alla passione politica di Battaglia contrappone la cialtroneria goffa e ignorante di Mira. È proprio seguendo quest’ultimo nell’organizzazione di un concerto in onore del venticinquesimo anniversario dalla scomparsa di Falcone e Borsellino – evento che già di per sé si pone quale incerto riscatto di Mira rispetto ad un passato a sostegno degli ambienti mafiosi – che l’autore mette in luce le contraddizioni che albergano nell’Italia di oggi, divisa tra il vuoto idealismo e la progressiva perdita di memoria. Maresco cammina per le strade, interroga i palermitani soffermandosi sulle opinioni più ostili e contrarie all’operato dei due magistrati, ma è nella persona di Cristian Miscel che rintraccia l’apice della manipolazione mediatica della storia: cantante disabile, diviene emblema della mancanza di rispetto – “per chi”, sembra chiedersi e chiederci Maresco – e significato con cui si celebra il sacrificio dei due magistrati. La macchina da presa indaga dietro alle quinte dello spettacolo messo in piedi da Mira, indugiando sui volti con lo stesso sguardo scettico e disincantato del suo regista. All’atteggiamento cinico di Maresco si contrappone l’allegria e l’ottimismo di Letizia Battaglia: seppur delusa dalle istituzioni, dalla lente della sua Leica guarda il mondo circostante con ironia, permettendo anche all’animo dello spettatore di ritrovare un po’ di leggerezza.

Nell’incapacità di dire cosa sia peggio, se una manifestazione ufficiale svuotata del suo significato civile profondo o lo sfruttamento commerciale di due figure simbolo della lotta alla mafia, Maresco, con lo stile che lo contraddistingue, consegna al suo pubblico un documentario ironico, grottesco e pungente, guidandolo lungo un percorso che egli stesso ha definito «un territorio in cui la distinzione tra bene e male, tra mafia e antimafia, si è azzerata e tutto, ormai, è precipitato in uno spettacolo senza fine e senza alcun senso».

Valeria De Bacco

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