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Nowhere special – Una storia d’amore

John è un uomo di trentaquattro anni, gentile e silenzioso. Purtroppo, l’uomo ha un male incurabile e nel poco tempo che gli rimane, deve fare la cosa più importante della sua vita: trovare una famiglia per il suo bambino Michael. John e Michael passano insieme le loro giornate, trasformando ogni gesto quotidiano in una memoria “unica e rara”. Si tengono per mano nell’attraversare la strada, quella che porta a scuola ma anche quella che porta alla separazione.

Colpito dalla cronaca vera di questa vicenda, Pasolini crea immagini semplici ma allo stesso tempo eloquenti, che non conoscono la durezza del cinema dei Dardenne ma piuttosto una commovente sospensione e una malinconia, sottolineata dalla colonna sonora, che il regista abbraccia, senza sentimentalismo. Egli si rifà ad una certa tipologia di teatro e ad una fotografia inglese per il gusto icastico dei dialoghi e degli interni familiari.

Il cuore segreto di Nowhere Special è la scoperta della “fine” vista con gli occhi di un bambino. Vediamo il dolore evidente del padre e ci avviciniamo a quello, irrappresentabile, del figlio.

Viene manifestata, evidenziata la crudeltà della morte, sempre con grande poesia, ma soprattutto si descrive la perenne forza creatrice della vita.

Il regista italiano, che vive a Londra, fluttua in modo dolce su uno dei mali più disperanti che esistano, così come su una delle paure più grandi, anzi, probabilmente la più importante in assoluto. Ma nel farlo riesce a spiegare l’aspetto più semplice che è condensato nella soluzione migliore a tutto quello che non possiamo controllare: la fiducia.

Qui viene raccontato che il trapasso non cancella via tutto con sé, anzi. Quello che resta è la parte più importante ed è su questo che si poggia il protagonista. Il senso prezioso della sua vita è quello che lascia al suo piccolo. È la sua eredità e la consapevolezza di quanto sia importante a dargli forza, perché sarà la stessa che riceverà Michael col suo ricordo, giorno dopo giorno. Solo il suo amore rimarrà, ed è descritto con sofferta chiarezza.

A otto anni da Still Life, il tema è sempre quello della perdita per parlare però di vita e dell’amore assoluto fra un padre e un figlio. Non si parla più dell’immediatamente dopo la morte, ma dell’immediatamente prima, e la scrittura è ancora così sottile e precisa, tanto autoriale quanto accessibile, nell’approccio ad un genere, quello del dramma sentimentale, che pochi perseguono con tanta discrezione. Si parte dalla realtà per seguire, con grazia, rispetto e leggerezza, l’ultimo viaggio di un uomo, che lo condurrà a trovare la famiglia a cui affidare il suo bambino quando lui non ci sarà più. Il film racconta del coraggio di arrendersi al destino e si interroga sull’eredità che ciascuno di noi lascia dietro di sé.

Alexine Dayné

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