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Penguin Bloom

“A volte è difficile credere a quel che accade”. Non fosse ispirato a una storia vera, il film Penguin Bloom potrebbe essere scambiato per una fiaba, ne possiede gli elementi. Voce narrante di questa storia è quella di Noah Bloom, figlio maggiore di Samantha e Cameron. Quello di Noah è uno dei punti di vista attraverso cui si racconta la vicenda; gli altri sono quello di Sam, una donna energica e amante dell’oceano che, a seguito di un incidente, resta paralizzata dalla vita in giù, e poi quello di Penguin, la piccola gazza ferita e abbandonata che Noah salva portandola a casa con sé e che a sua volta salverà la famiglia Bloom. I loro sono percorsi paralleli che si influenzano reciprocamente. La presenza di Penguin, incapace di volare ma che non smette di provarci, mostra a Sam, come uno specchio, la forza di volontà necessaria per superare le proprie difficoltà, spingendola a fare altrettanto. Il regista fa uso di azioni metaforiche e simboli, come le fotografie, eredità di un tempo passato e lontano, il cui ricordo crea dolore, e dell’evocativo mondo onirico della protagonista, dove l’acqua è elemento di rinascita e ritrovata libertà.

Sono tematiche universali e profonde quelle affrontate; sollevano riflessioni sulla casualità e l’ineluttabilità del destino, sulla difficoltà di accettare una tragedia che spesso trascina con sé sensi di colpa superabili soltanto con il confronto sincero e l’esternazione del proprio dolore. Dopo una caduta, come quella di Sam, vivere sul fondo risulta insostenibile, ma con la forza interiore e l’amore delle persone care la risalita è possibile.

Il regista ha un tocco delicato, si sofferma sugli sguardi tra Sam e Penguin, che dialogano senza parole, sui momenti di contatto ma anche sugli abbracci mancati, restituisce con autenticità e senza sconti i sentimenti dei protagonisti, nonostante i passaggi da uno stato d’animo all’altro, a tratti, per esigenze di sceneggiatura, risultino un po’ forzati. La fotografia ritrae splendidamente i meravigliosi paesaggi selvaggi e naturali australiani vissuti, anche nella realtà, dalla famiglia, regalando vedute a perdita d’occhio dell’oceano. La luce racconta le emozioni della bravissima e convincente Naomi Watts, protagonista e produttrice del film; all’inizio manca negli interni della casa (la vera casa della famiglia Bloom messa a disposizione per le riprese) come manca nella vita della donna che si rifugia nel buio delle sue stanze e del suo cuore, ma inonderà le scene a mano a mano che Sam tornerà a riappropriarsi della sua vita. Una colonna sonora intensa aumenta la drammaticità di alcuni momenti senza mai troppo esagerare; la sequenza in cui Sam e Gay, interpretata dall’attrice neozelandese Rachel House, canticchiano Creep (persona strana, sgradevole in italiano) dei Radiohead è poetico e commovente.

Penguin Bloom è la trasposizione di un dramma personale e familiare, in cui la forza della condivisione, il supporto e la comprensione reciproca, ma anche il potere dell’amicizia, permettono di superare la paura di vivere e curano le ferite fisiche e dell’anima.

Loredana Iannizzi

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