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La sala professori

Çatak ci regala un film denso e molto articolato, capace di rapire lo spettatore e portarlo a interrogarsi sulla complessità dell’ambiente scolastico, in un’opera girata tutta in formato 4:3, che sembra a tratti un giallo, ma che è, in realtà, una riflessione sulla giustizia raccontata nel microcosmo della scuola, ben adattabile alla società in generale.

La vicenda è ambientata in Germania, all’interno di una scuola media in cui si verificano, sin da subito, piccoli furti di denaro e dove ha inizio una vera e propria caccia al colpevole, in cui insegnanti e dirigenti, all’interno della sala professori, si improvvisano detective interrogando gli allievi nel nome dell’unica Legge, quella della tolleranza zero. Fanno seguito perquisizioni di massa sui bambini nelle aule scolastiche che si concludono con formali accuse. Il primo accusato è Ali, lo straniero della classe reo di avere nel portafogli più contanti rispetto ai suoi compagni di classe o a quanto si potrebbe ragionevolmente prevedere. Ancora una volta l’accusa, che si rivelerà poi infondata, si riversa sul diverso, anche in assenza di prove.

La sala professori esprime quanto di più diffuso e contemporaneo ci sia, ovverosia la necessità di individuare sempre un colpevole, meglio se diverso da noi, contro cui accanirsi, per conseguire il meritato lieto fine della storia. Carla Nowak, insegnante di matematica e ginnastica in una classe di seconda media, fieramente ribelle e schierata dalla parte dei suoi allievi, fa la propria parte nella storia e si erge a valorosa eroina in loro difesa. Con riguardo ai furti, non concordando con il metodo inquisitorio utilizzato dai colleghi, svolge parallele indagini che la porteranno a individuare un colpevole sulla base di meri indizi perché, anche lei, ingenuamente, ma in maniera altrettanto colpevole, ricadrà nella stessa logica malata dell’istituto contro cui si ribella, dando vita a un domino di eventi che condurrà a una controrivoluzione da parte dei bambini stessi e a un collasso totale delle regole del sistema.

È a questo punto della storia che Oskar, un bambino molto dotato della sua classe, emerge dalla massa come un antieroe irrequieto e rancoroso. Del tutto privo di paura, il ragazzo farà propria, con il suo comportamento irregolare e a tratti violento anche contro la sua insegnante, una delle grandi domande che sottendono tutto il film. Oskar riuscirà nell’intento di offrire una risposta lasciando comunque lo spettatore del dubbio, assolutamente lecito, di non aver, ancora una volta, ben compreso la domanda.

Il film è stato presentato in anteprima nella sezione Panorama del Festival di Berlino e candidato agli Oscar come miglior film internazionale nel 2024. Ha ottenuto molti riconoscimenti da parte della critica, venendo recensito su Metacritic come film meritevole di “acclamazione universale” e incassando globalmente al botteghino ben 5 milioni di dollari, di cui 1.126.235 euro solo in Italia. 

Francesca Coccolo

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