La semplicità del contesto che rappresenta, ma non dell’opera in sé, è il punto di forza di Tótem – Il mio sole. Il film di Lila Avilés ha come protagonista una bambina, Sol, che insieme alla mamma si reca alla grande casa del nonno per aiutare le zie e i cugini a organizzare la festa di compleanno del papà, un giovane pittore gravemente malato e costretto alla reclusione. Mentre lei attende di vederlo, i tanti parenti presenti mettono tutti se stessi nei preparativi. Nell’abitazione prevale un’atmosfera caotica, le difficoltà degli adulti si scontrano con l’apparente leggerezza dei più piccoli, questioni private si intrecciano alle esigenze del momento.
Il film si svolge quasi interamente dentro le sue mura mentre il tramonto si avvicina, trasmettendo un senso di claustrofobia e precarietà, evocato soprattutto dalla fotografia che gioca spesso su tonalità rosso-scure lasciando parti dell’inquadratura in ombra. Sintomo più evidente della cura formale che adotta la regista, al secondo lungometraggio: il formato 4: 3, la macchina da presa stretta sui personaggi favorisce l’immersione nella loro quotidianità e la connessione diretta con lo spettatore. Avilés aderisce soprattutto allo sguardo della piccola protagonista, che, a differenza dei cugini, appare priva di qualunque fanciullesca innocenza. Si interroga sulla morte, sta in mezzo agli altri con fare irrequieto, non riesce a farsi catturare dall’atmosfera di festività che i suoi parenti vorrebbero creare.
Dietro una storia apparentemente ordinaria si cela dunque un raffinato lavoro di messa in scena e un preciso orizzonte narrativo. Porsi all’altezza di un bambino non significa, almeno in questo caso, banalizzare il racconto: la regista scava a fondo nell’interiorità di Sol e degli altri intorno a lei, lasciando emergere gli anfratti più problematici, senza compromessi. Evitato dunque l’effetto ricattatorio o strappalacrime: l’approccio di Avilés è sempre asciutto e lucido, vicino ai personaggi ma mai pietistico nei loro confronti, capace di registrare acutamente emozioni e stati d’animo.
Così, Tótem trascende il contesto socio-culturale preciso in cui è collocato (il Messico che mescola modernità tecnologica e riti ancestrali) per diventare storia universale sulle difficoltà che si incontrano nell’affrontare una malattia, sulle dinamiche familiari e sugli affetti. Il film è stato presentato al Festival di Berlino 2023, dove ha ricevuto il premio della giuria ecumenica ed è stato poi inserito nella shortlist degli Oscar per la categoria “Miglior Film Internazionale”.
Luca Sottimano