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Siccità

Roma in questo film è proprio gialla, come il sole, come la terra che brucia, come la siccità. È forse proprio questo l’aspetto che balza subito agli occhi: l’uso sapiente della fotografia, virata quasi al seppia, per rappresentare, anche cromaticamente, una città che, in questa prima opera distopica virziniana, non vede la pioggia da ben tre anni. Le panoramiche del Tevere prosciugato (realizzato digitalmente) ci introducono in un vero e proprio deserto urbano, popolato da abitanti assetati di acqua e di relazioni umane, elementi in egual modo necessari, sembra dire il regista, alla sopravvivenza dell’umanità.

Le conseguenze della mancanza d’acqua influiscono inevitabilmente su ogni aspetto della vita quotidiana della capitale. Chiusi i rubinetti di casa, al supermercato è vietato comprare più di una confezione d’acqua a famiglia, non è consentito innaffiare le piante sul balcone né lavare l’auto nel vialetto di casa, pena addirittura l’arresto. In questa terra che muore di sete, si muovono di continuo, come gli scarafaggi che hanno ormai preso possesso di ogni superficie calpestabile, una serie di personaggi: una dottoressa dell’ospedale Sant’Anna (Claudia Pandolfi, in una delle sue più belle interpretazioni) alle prese con una nuova, sconosciuta epidemia (probabilmente portata dagli insetti, unici abitanti felici della siccità); un detenuto tenero e servizievole (Silvio Orlando), che per errore esce dal carcere per una giornata intera, e vaga così in cerca di redenzione per il reato commesso venticinque anni prima;

un attore teatrale riciclatosi influencer (Tommaso Ragno) che posta tutorial su come risparmiare l’acqua buttando nel water quella usata per bollire la pasta; un ex autista delle auto blu reinventatosi driver (Valerio Mastandrea), che parla con clienti inesistenti, in preda a febbre e allucinazioni; un ex commerciante in bancarotta (Max Tortora), che brama di riscattarsi raccontando le sue disavventure in tv. Persone diverse e distanti tra loro, ma che nella tragicità della catastrofe climatica si toccano, s’incontrano talvolta, tutti a loro modo alla ricerca di una via d’uscita dalla solitudine della condizione umana, inasprita qui maggiormente da una situazione caotica e talvolta incontrollabile (non mancano le numerose proteste di piazza e gli immancabili, numerosi esperti che sistematicamente si contraddicono in tv sull’emergenza idrica).

Presentata in anteprima, fuori concorso, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2022, l’opera non può non richiamare alla memoria il recentissimo passato dell’epidemia di Covid-19 e i conseguenti periodi di restrizioni. Non è un caso, infatti, che il soggetto sia stato concepito proprio durante il primo lockdown pandemico del 2020. Il film, tuttavia, non vuole solo essere l’eco di quel periodo, ma anche e soprattutto un monito per quello che ci aspetterà a breve: con un tempismo incredibile, Siccità è uscito infatti proprio al termine dell’estate più secca da cinquecento anni a questa parte. Pronti a razionare l’acqua?

Carolina Zimara

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