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The Post – Steven Spielberg

Nell’incipit di The Post sta il germe del film: tra i soldati del Vietnam nel 1966 si scorge “l’osservatore” Daniel Ellsberg, armato di macchina da scrivere; qualche scena dopo lo ritroviamo intento a prelevare e fotocopiare documenti di Stato top secret. Ellsberg, “l’uomo più pericoloso d’America” del documentario del 2009 di Ehrlich e Goldsmith, nel 1971 portò alla luce, attraverso i mass mediache lo utilizzarono come fonte, i Pentagon Papers, uno studio secretato che svela il coinvolgimento e le menzogne di ben quattro Presidenti degli Stati Uniti riguardo alla guerra del Vietnam. Il Washington Post, ai tempi un “piccolo giornale locale”, grazie alle scelte coraggiose della sua editrice Katharine Graham e del direttore Ben Bradlee ebbe un ruolo primario nella diffusione di queste informazioni. The Post, una sorta di prequel dei film incentrati sullo scandalo Watergatesi inserisce nel filone del cinema che celebra il giornalismo glorioso e fedele al principio di “servire chi è governato, non chi governa”. Il film è sorretto da una densa sceneggiatura; dialoghi in successione, fiumi di parole spesso scambiate al telefono, riflessioni condivise in locationinterne e ambienti privati mettono in evidenza i rapporti di lavoro e le dinamiche interpersonali ed emotive tra i protagonisti. Ascoltiamo Kay e Ben prender coscienza delle difficoltà nel gestire e mantenere rapporti di amicizia con esponenti del mondo politico, restando fedeli alla propria deontologia. Spielberg, con un pizzico di retorica, rende onore all’etica professionale di un collettivo di lavoratori che, in nome della verità e del bene comune, difende saldamente il principio di trasparenza e di libertà di stampa, in opposizione ad un Presidente arroccato nella Casa Bianca, un’ombra dalla voce roca che sentenzia e minaccia, violando i principi basilari che la sua carica sottende. The Post ci immerge in un periodo storico precursore di cambiamenti, come quelli vissuti da Katharine, una tra le prime donne nella storia americana ad occuparsi, inizialmente suo malgrado, di questioni di Stato e ad affermare la sua posizione in un mondo pullulante di uomini che non la accettano e non ne riconoscono l’autorità (e infatti, all’uscita del tribunale solo donne ad attenderla, con sguardi carichi di ammirazione). Spielberg realizza con rigore ma senza pedanteria un film impegnato e implicato politicamente con la sua consueta maestria cinematografica, applicata nella scelta delle inquadrature e dei movimenti di macchina, ma anche con ironia e leggerezza (come quando mostra l’intera redazione del Washington Post intenta a leggere il rivale New York Times o i giornalisti trepidanti dinnanzi alla scatola dei documenti secretati come se fosse un forziere del tesoro).

The Post è una rievocazione nostalgica del processo di stampa dei giornali prima dell’avvento delle nuove tecnologie e del digitale, e riporta alla luce un fatto di cronaca che ha scritto la storia, una storia che ancora per certi versi si ripete, anche oggi in cui il quarto potere seguita ad essere strumento, seppur non sempre a favore, della democrazia.

di Loredana Iannizzi

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