Cerca
cropped-favicon.png
Cerca
Close this search box.
6DvEApwQoyG7fR1lzth1ILUS4bH

Una relazione passegera

Emmanuel Mouret, autore e interprete di commedie sentimentali malinconiche, torna al Festival di Cannes con Una relazione passeggera, film di cui cura regia e sceneggiatura.

Charlotte e Simon, i bravissimi Sandrine Kiberlain e Vincent Macaigne protagonisti dell’opera, si conoscono in maniera casuale ormai non più giovani, scoprendo inaspettatamente di piacersi e decidendo di lasciarsi andare a una relazione di solo piacere, senza impegno. Simon, sposato e padre di famiglia, oscilla tra l’incoscienza e il senso di colpa, apparendo goffo e imbarazzato, mentre Charlotte, che pur non essendo sposata è madre di una figlia adolescente e di un bambino piccolo, sembra apparentemente più disinvolta e pragmatica, intenzionata a gestire la relazione con distacco e controllo.

L’attrazione reciproca all’inizio appare quasi come un gioco e il loro legame non sembra mai diventare un vincolo capace di legarli l’uno all’altra, eppure nel corso di ogni loro incontro, in cui all’apparenza sembra non debba succedere mai nulla, qualcosa di bello accade mostrando la coppia ogni volta un po’ più matura. Consapevoli che la loro storia non può avere futuro ed evolvere in un sentimento più profondo, Charlotte e Simon raggiungono tuttavia una pericolosa complicità, con il rischio di farsi coinvolgere sempre di più dal sentimento che iniziano a provare l’uno per l’altra. E così, l’inevitabile separazione porterà con sé un finale malinconico dal retrogusto dolce-amaro.

La narrazione, come esplicitato dal titolo originale Chronique d’une liaison passagère, ha il ritmo di una cronaca, che trascurando le vite private dei due amanti, racconta passo dopo passo i loro incontri, focalizzandosi sui dialoghi, sui pomeriggi clandestini nelle camere d’albergo a ore, sulle visite ai musei o sulla vacanza organizzata e la decisione di vivere un’avventura a tre: incentrata sui due protagonisti e sui luoghi che attraversano, con la Senna che apre e chiude il film, l’opera è un esplicito richiamo di Scene da un matrimonio di Bergman.

Nel corso di una ventina di episodi, Mouret analizza con grande umorismo e lucidità i giochi, le sfide e i meccanismi dell’amore, tematiche da lui già affrontate, ma che in quest’ultimo lavoro indaga in un susseguirsi di rivelazioni, regole, paradossi e complicità sessuale, attraverso sentimenti come il desiderio e la gelosia, in un continuo scarto tra l’attrazione e l’incertezza, l’ignoto e la sorpresa. Nel susseguirsi di faccia a faccia che ricorda il Woody Allen di Io e Annie, il regista propone un’analisi razionale dell’amore, garantendo alla storia un dinamismo che non lascia spazio alla noia e scegliendo la leggerezza come chiave di lettura per indagare il desiderio. Il risultato non è un’opera frivola sul tradimento, ma una riflessione ironica e intelligente sui sentimenti.

Valeria De Bacco

Correlati