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Ti mangio il cuore

Può esserci spazio per l’amore nel bel mezzo di una spietata e cruenta guerra di mafia? Sembra essere questa la domanda che Pippo Mezzapesa, regista di Ti mangio il Cuore, vuole suggerire allo spettatore, portando sul grande schermo una storia ispirata alle faide di mafia che da decenni insanguinano il Gargano, in provincia di Foggia. Il regista ci svela un angolo di Puglia aspro, arcaico e selvaggio, che lascia tuttavia trasparire una natura sorprendente, in una contraddizione perenne ed esasperata, al pari di quelle vissute dai disgraziati personaggi del film, condannati a oscillare, in balìa di eventi non governabili, tra la brutalità di crimini efferati e l’aspirazione, tutta umana, alla bellezza dei sentimenti. La faida crudele rappresentata è quella – di fantasia – che contrappone le famiglie Malatesta e Camporeale. Questi ultimi, negli anni Sessanta, hanno sterminato la famiglia rivale, senza però accorgersi del piccolo Michele Malatesta, il quale, dopo essere scampato casualmente all’eccidio, ha giurato di vendicarsi sul volto del padre sfigurato. Ai giorni nostri, la vendetta si è compiuta e i Malatesta controllano incontrastati i traffici illeciti del Gargano, capeggiati dal boss Michele. I Camporeale, sotto la guida del boss Santo e della sua bellissima moglie Marilena, interpretata nel film da Elodie, sembrano aver accettato un ruolo marginale, contribuendo così a un quadro di apparente pace. Ma la quiete si dimostrerà ingannevole, come la bellezza di questa terra. L’inatteso scoppio della passione amorosa tra Michele e Marilena farà infatti riesplodere i vecchi rancori tra le famiglie, innescando una nuova spietata guerra, dominata da cieca violenza e cupa brutalità, in grado di travolgere senza riguardo persone e cose. Nessuno potrà più fidarsi di nessuno, né potrà evitare di entrare in qualche misura nello scontro, compresi i due amanti, i quali si troveranno risucchiati in un vortice d’odio atavico e ancestrale, potente e incontrollabile quanto la passione d’amore che li consuma.

Presentato all’ultima Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il film è stato girato interamente in bianco e nero, con i grigi ridotti al minimo, a sottolineare ulteriormente i contrasti della storia raccontata, nella quale il bene e il male sembrano contrapporsi in maniera irrimediabile. Le vicende narrate prendono spunto dalla sanguinosa faida che, per decenni, ha insanguinato il Paese di San Nicandro Garganico e omaggia la figura di Rosa di Fiore – a cui è ispirato il personaggio di Marilena – la quale, dopo essere stata amante del boss della famiglia rivale, ha deciso di interrompere la scia di violenze divenendo la prima collaboratrice di giustizia della mafia foggiana. Una storia di coraggio dalla quale Mezzapesa trae ispirazione per raccontare un sogno, il desiderio di instillare un anelito di speranza anche nel cuore della desolazione e della crudeltà mafiosa.

Marco Galano

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